1. Lo storico NO del popolo italiano
Il trionfo del NO nelle urne referendarie rappresenta la straordinaria vittoria di un popolo che ha saputo dire no all’attacco alla democrazia, no alle oligarchie interne ed esterne al paese, no alla martellante campagna dei media, no al ricatto della paura. E’ un fatto storico che segna l’inizio di una nuova fase aperta a grandi possibilità di cambiamento.

2. La domanda di un’alternativa
Dopo decenni di passività, stiamo assistendo ai primi vagiti di un profondo risveglio sociale. La crisi ha scavato nelle menti e nei cuori di milioni di persone. Si tratta ancora di un sentimento informe, per certi aspetti primordiale, ma proprio per questo potenzialmente dirompente. Quel che possiamo dire – lo si è chiaramente registrato in questa intensissima campagna elettorale – è che si va sviluppando una nuova domanda politica, quella di una vera alternativa politica e sociale.

3. Un voto di classe
Sia l’esperienza diretta che le ricerche specialistiche ci dicono che quello del 4 dicembre è stato un voto di classe. Il no ha stravinto nelle fabbriche, tra i disoccupati, nelle fasce più impoverite del lavoro autonomo, tra i giovani. Straordinario il risultato del sud (72,2% in Sardegna, 71,6% in Sicilia, 68,5% in Campania, 67% in Calabria, 67,2% in Puglia) a segnalare come il voto abbia seguito una faglia sociale approfonditasi nella crisi. Una frattura dalla quale emergono nitidamente due blocchi sociali: quello di chi ancora se la passa bene, e preferisce la conservazione; quello, maggioritario, di chi se la passa male e preme per un rovesciamento della situazione attuale.

4. Il NO all’Europa
Tra le tante ragioni del no spicca la spinta per la riconquista della sovranità. La volontà di uscire dalla passività di fronte alle mostruosità della globalizzazione capitalistica non può non passare dal tema centrale della sovranità. Il che, nel concreto della situazione italiana, significa anzitutto rottura con l’Unione Europea, riconquista della sovranità politica e monetaria come base per una nuova sovranità popolare e democratica. Di fatto il referendum era anche sull’Europa. Non solo per il contenuto di alcune modifiche costituzionali, ma anche per il chiaro pronunciamento dell’UE a sostegno di Renzi. Quello degli italiani è stato dunque un no rivolto non solo al governo di Roma, ma pure alle oligarchie euriste.

5. Il piano B delle classi dominanti

Di fronte al terremoto del 4 dicembre, i centri del potere politico, così come quelli del potere economico, hanno adesso un unico piano: prendere tempo, rimandare il più possibile le elezioni politiche. Tutte le mosse in corso vanno in questa direzione. Da quelle di Mattarella, alle manovre in corso nel Pd, alla pressione esercitata dai media. E’ un piano forte e debole allo stesso tempo. E’ forte, perché conta sui poteri di cui sopra, su una maggioranza parlamentare per quanto raccogliticcia, sui limiti profondi delle forze di opposizione, prima fra tutti quello di non fare davvero leva sulla mobilitazione diretta del popolo. E’ debole, perché si basa sulla minestra riscaldata delle mini larghe intese, su un modesto navigare a vista in un mare (economicamente e socialmente) in tempesta, su una maggioranza nelle istituzioni a cui non corrisponde affatto una maggioranza nel paese.

6. I nodi economici vengono al pettine

Il piano B delle classi dominanti appare poi del tutto inadeguato ad affrontare le bufere economiche che si annunciano. Dall’Europa è già partita (da notare, il 5 dicembre…) la richiesta di un aggiustamento dei conti per 15 miliardi. Sulle banche sembra che – a fronte delle difficoltà (da noi ampiamente previste) nelle ricapitalizzazioni in corso o comunque già annunciate – stia per scattare un piano di emergenza, con tanto di intervento pubblico e di richiesta di intervento all’ESM, il fondo europeo che interverrà solo a condizione di nuovi pesanti sacrifici. E’ questo il lascito di Renzi, la cui politica del rinvio di ogni problema a dopo il referendum consegna adesso un groviglio di questioni potenzialmente esplosivo.

7. Le contraddizioni all’interno del blocco dominante

E’ in questo quadro che vanno colte le gravi contraddizioni all’interno del blocco dominante. Da un lato la grande maggioranza dei sostenitori del piano B di anestetizzazione del Paese, dall’altro i piani di rivincita della banda renziana. Se saranno i primi a vincere verrà comunque meno la narrazione di quel cambiamento dall’alto che aveva reso forte l’ormai ex primo ministro, indebolendo così ancora di più i consensi ad una maggioranza governativa sempre più asfittica. Qualora invece Renzi dovesse in qualche modo prevalere, è ben difficile che le elezioni anticipate possano andare oltre il limite della prossima primavera. In un caso come nell’altro è urgente che chi vuol proporre un’alternativa di governo si organizzi al più presto.

8. Raccogliere subito la spinta del popolo del NO

Sarebbe grave se la straordinaria spinta del popolo del NO non venisse raccolta in modo adeguato. I 19,4 milioni di NO sono la base di qualsiasi prospettiva di cambiamento. I comitati di base, che dappertutto sono stati il motore di questo eccezionale risultato, devono restare in piedi ed attrezzarsi alla nuova fase politica che si è aperta. Pur nella loro diversità, è da questa realtà che si deve partire. Programma 101 accoglie perciò con grande favore la decisione del Comitato nazionale per il No di promuovere una grande assemblea di tutti i comitati entro la metà di gennaio.

9. Per un blocco costituzionale

E’ da questo passaggio che potrà prendere forma un blocco costituzionale, basato sui principi e sull’applicazione della Costituzione del 1948. Un blocco in grado di misurarsi sul terreno elettorale, con un proprio programma di governo, con una politica di alleanza con M5S.

10. Per una proposta di governo all’altezza della situazione
Affinché la proposta di un governo popolare e costituzionale di emergenza risulti credibile, occorre che si verifichino alcune condizioni. M5S, cui spetta la responsabilità più grande, dovrà prendere atto dell’impossibilità di governare da solo, e non soltanto per ragioni numeriche. Ma la fine della sua politica di “autosufficienza” potrà essere facilitata solo dalla costruzione di un blocco costituzionale ampio, che batta ogni tentativo di mettere il cappello sul grande popolo del NO da parte di chiunque. E’ questa la condizione per arrivare ad un programma di governo, fatto di pochi ma decisivi punti (anzitutto un piano per debellare la disoccupazione), per prendere in mano le redini del Paese in questo delicato momento della sua storia. E’ una possibilità che noi vediamo con chiarezza, che la valanga di NO ci ha consegnato, che sarebbe disastroso non cogliere.

Consiglio nazionale del Movimento di liberazione popolare Programma 101 (P101)