Della serie: «chi va con lo zoppo impara a zoppicare»

Sul senso generale del voto francese ha già scritto Piemme. Sulle cose più importanti da lui segnalate c’è senz’altro il risultato di Mélenchon, ed ancor più il rifiuto del candidato di France Insoumise di arruolarsi, in nome dell’anti-lepenismo, in quell’Union sacrèe che si appresta ad incoronare l’uomo delle oligarchie e dell’alta finanza, il liberista ed eurista al cubo Emmanuel Macron.

Curioso a dirsi, ma proprio il politico italiano che aveva maggiormente sponsorizzato Mélenchon in Italia, e cioè Stefano Fassina, non ha retto neppure lo spazio d’un mattino prima di consegnare alla storia il più classico degli autogol: la richiesta al francese di firmare il suo atto di sottomissione alle élite con una dichiarazione di voto a favore di Macron.

Ora, se da un lato siamo convinti che Jean-Luc Mélenchon, forte peraltro di un buon 19,5% (gli sono mancati solo due punti percentuali per arrivare al ballottaggio), non prenderà certo ordini da Fassina, dall’altro non si può tacere la scivolata di quest’ultimo.

Nel momento in cui dovrebbe essere chiaro che i voti a France Insoumise sono venuti in larga parte proprio in virtù di un programma capace di parlare ad ampie fasce popolari, grazie al legame tra una forte connotazione di classe e l’assunzione della questione nazionale, a Mélenchon si chiede adesso un plateale dietrofront.

Davvero non ci sono parole per commentare una simile presa di posizione. Certo, è noto che ad andar con lo zoppo si impara a zoppicare. Ma Fassina, proprio per la sua recente vicenda politica, dovrebbe aver capito che certe rotture non si fanno a metà, perché così facendo non si va da alcuna da parte. E, nell’attuale panorama francese, il riflesso pavloviano dell’«antifascismo» davvero non può giustificare una simile capitolazione.

Ma per una resa (quella di Mélenchon) che crediamo non ci sarà, l’intervista di Fassina preannuncia invece in maniera chiarissima la direzione di marcia di una Sinistra Italiana (con la maiuscola o senza) che proprio non ce la fa a staccarsi dalle élite globaliste.

PS – Certo, Fassina non è il solo. Lasciando qui perdere i sinistrati che hanno nel marchio la loro vocazione alla subalternità – non solo gli ex Sel, ma tutti quelli che hanno tanto amato il centrosinistra e che vorrebbero ardentemente la sua resurrezione – troviamo oggi nel coro del voto a Macron anche personaggi meno sospettabili come Aldo Giannuli. Che dire? L’idiozia politica vive davvero un gran momento!