«I nostri slogan sono: Pace e solidarietà tra i popoli; Sovranità popolare ed indipendenza nazionale; un diverso modello economico, crescita per i popoli e non per le banche»
Mitropoulos, del Dipartimento esteri di Unità Popolare, ricostruisce la drammatica vicenda del collasso della Grecia, segnalando anzitutto le tappe più recenti, a partire dalla capitolazione di Tsipras, che ha ferito a morte un popolo che fino all’ultimo ha invece cercato di combattere e resistere.
*************************
Per capire il problema dell’odissea greca e quello del default della Grecia, si dovrebbe andare indietro fino al 1981. L’adesione del paese alla CEE è stata accompagnata da una graduale deindustrializzazione, attraverso la demolizione di specifici settori industriali, quelli con un baso grado di competitività e produttività, nonché dalla distruzione dell’economia agricola.
L’industrializzazione, i diversi oneri e le limitazioni allo sviluppo del comparto industriale insieme alla distruzione della piccola manifattura e del settore agricolo, hanno trasformato il ruolo e le caratteristiche dell’economia greca orientandola verso i servizi e le importazioni. Allo stesso tempo hanno avuto importanti ripercussioni economiche, soprattutto debiti e prestiti per colmarli.
L’ammissione della Grecia all’Unione Monetaria ed all’euro nel 2002, hanno reso più profondi ed accelerato i processi descritti sopra. La crisi della competitività, che è stata esacerbata dalla politica monetaria dell’unificazione, ha fatto aumentare il deficit commerciale, il cui finanziamento attraverso i prestiti, ha portato alla crisi del debito.
Ora è chiaro che, all’interno della cornice dell’Uem, le economie esistenti, le divergenze di produttività e le differenze tra gli stati membri sono aumentate invece di diminuire.
La crisi dell’Eurozona è il risultato del prototipo storico di unione senza stato o federazione, con una grande asimmetria e divergenza tra gli stati membri.
Allo stesso tempo è il risultato di norme di competizione internazionale, in un contesto di globalizzazione, dovuto alla scarsa competitività in confronto ad altri paesi sviluppati o in via di sviluppo come la Cina.
Per farla breve, questo è il modo in cui siamo arrivati al default greco nel 2010, il sintomo più severo della crisi strutturale dell’Eurozona. Era chiaro in quel momento che un ufficiale default della Grecia nel 2010, avrebbe avuto conseguenze sia per l’Eurozona che per l’Unione europea nel suo complesso. In combinazione con la crisi del Sud (PIIGS), avrebbe creato un più ampio scompiglio al sistema internazionale. Il Memorandum d’intesa ed il prestito che lo accompagnava significava la sopravvivenza delle banche europee, soprattutto quelle tedesche e francesi che erano le più esposte sul sistema finanziario greco. Allo stesso tempo, il Memorandum era il modo per iniziare un importante esperimento: il rovesciamento del contratto sociale post bellico tra capitale e lavoro in Europa, a cominciare dalla Grecia. Finalmente, il Memorandum spazzava via il pericolo di intossicazione della moneta comune, una conseguente potenziale caduta del suo valore sui mercati finanziari ed un crollo simultaneo della sua affidabilità. Il provvidenziale aiuto è stato però nei fatti un severo attacco neoliberista che ha cambiato profondamente i rapporti sociali, economici e politici degli ultimi 40 anni.
Quali sono, sette anni dopo, i risultati di questo programma ?
a) L’abolizione dei diritti del lavoro. Una vasta disoccupazione come testa d’ariete per estendere l’occupazione part-time e il crollo dei salari.
b) La svendita ed in qualche caso il vero e proprio “regalo” di beni pubblici, imprese redditizie, banche, terra ecc.
c) L’aumento della tassazione per gli strati popolari e per la classe media ed il loro impoverimento.
d) La distruzione di ciò che restava della sanità pubblica, dell’istruzione, della previdenza sociale e la drammatica contrazione della spesa pubblica e dello stato sociale.
e) La fine delle aspettative per le generazioni future e la loro migrazione verso paesi europei più sviluppati e potenti.
f) L’assenza di sovranità popolare e di indipendenza nazionale, il trasferimento dei poteri agli istituti di credito ed alle istituzioni sovranazionali.
g) La trasformazione del paese in una colonia del debito per almeno mezzo secolo.
La dottrina del rimborso del debito ha dominato il programma greco che:
a) Non è stato creato dalla gente ma da un interazione tra il sistema politico locale e le banche, l’elite greca, le multinazionali e le lobbies di Bruxelles.
b) Dal 2010, invece di diminuire è aumentato passando dal 115% del GDP al 180% come risultato dei programmi del FMI ed al fine di proteggere le banche tedesche, francesi ed americane che detenevano i titoli spazzatura.
E’ questa dottrina di protezione delle banche private contro uno stato ed il suo popolo che ha portato ad una recessione del 26%, paragonabile solo a quella degli effetti economici di una guerra. La recessione ha aumentato il debito pubblico dei cittadini e delle imprese medio-piccole. Nessuno è in grado di ripagare il debito. Le messe all’asta sono il mezzo per trasferire ricchezza, proprietà, case ed affari a fondi esteri e banche. Le piccole e medie proprietà che erano una forte presenza nell’economia della Grecia, sono state distrutte. Le case e le imprese sono passate in mano a fondi esteri e banche.
Allo stesso tempo la totalità delle proprietà statali sono state privatizzate, controllate dai creditori, per 99 anni. E’ un programma che trasformerà la Grecia in una colonia del debito per quasi un secolo. Qui sta la differenza tra il Memorandum greco e quelli irlandese o portoghese.
Abbiamo così vissuto cinque anni che hanno sconquassato la Grecia e che hanno polarizzato l’attenzione della sinistra e dell’intero pianeta verso questo piccolo angolo di mondo.
All’inizio c’è stata una reazione massiccia e multiforme che ha portato alla caduta del governo ed alla crisi del vecchio sistema politico.
In una seconda fase abbiamo assistito al declino dei movimenti di massa, Syriza diventata principale opposizione, lo strangolamento di Cipro che ha evidenziato il vero significato dell’eurozona e l’impossibilità di negoziazione nella sua cornice.
In una terza fase, che inizia nel gennaio 2015, Syriza forma un governo che ha come slogan il rovesciamento del Memorandum ed il negoziato. Dal 20 febbraio in avanti, dopo la firma di Varoufakis dell’accordo per l’estensione del programma del Memorandum, l’asfissia economica andava di pari passo con l’ambiguità politica e la decomposizione del movimento di massa e della sinistra — che hanno assunto caratteristiche ancor più profonde dopo il referendum estivo del 2015.
Tsipras ha deciso di indire il referendum per cercare di gettare la responsabilità sul popolo su ciò che sarebbe avvenuto. I creditori avevano già strangolato le banche attraverso la BCE e Tsipras pensava che il popolo, in seguito all’estorsione ed al panico dovuta ai controlli capestro, avrebbe votato Si o che comunque il No avrebbe ottenuto una vittoria marginale.
In questo modo avrebbe potuto più facilmente giustificare la firma di un terzo memorandum come una ritirata tollerata dal popolo.
Il referendum è stato anche il sintomo del cosiddetto “vuoto nella storia”. La plebe e la maggioranza impoverita della società greca, unite in una confronto di classe e in un conflitto contro l’organizzato e unito nemico, internazionale e locale, ha ferventemente difeso i suoi interessi di classe. I rappresentanti di Nuova Democrazia (il partito tradizionale conservatore-neoliberale) minacciavano che ci sarebbe stata una reazione della borghesia, una sua discesa nelle strade per rispondere all’eventualità della sconfitta. Ogni giorno i mass media bombardavano i cittadini con le dichiarazioni di Schultz, Schäuble, Daisenbloom, Draghi, i sacerdoti dell’eurozona e dei loro sottoposti che ricattavano e minacciavano con lo spauracchio del disastro in caso di vittoria del No. La democratica Europa ha interferito apertamente negli affari interni del paese dopo averlo trasformato in un loro protettorato, sia politico che economico. Due giorni prima del referendum, Piazza Syntagma ad Atene era piena di migliaia di giovani, disoccupati, lavoratori impoveriti e strati della classe media.
La gente era a favore del No, senza preoccuparsi del rischio o di ciò che sarebbe successo il giorno dopo. C’erano dinamismo e radicalizzazione. Domenica notte, quando la gente era per le strade per festeggiare il 62% raggiunto dal No, era chiaro a tutti che quel soggetto era capace, se chiamato all’azione, di qualsiasi cosa. Ma questa chiamata non c’è stata. Tsipras ha fatto appello all’Unità nazionale, rivolgendosi ai partiti del vecchio sistema politico, è andato a Bruxelles ed ha firmato il terzo memorandum. Nei fatti Tsipras non è mai cambiato. E’ semplicemente restato all’interno dei confini e dei limiti delle linee di base che aveva sostenuto fin dall’inizio: negoziazione all’interno dell’eurozona, la fine del memorandum ma all’interno del sistema Euro, la fine dell’austerity ma senza lo scontro con il neoliberismo ed il capitale. Dal giorno successivo al referendum, c’è stato un rovesciamento di quanto espresso dalla volontà popolare che ha scioccato i sostenitori del No perché:
1) Ha giustificato tutti i governi precedenti al 2010 e le loro politiche
2) Ha creato una profonda crisi di sfiducia e una grande delusione verso la sinistra (“siete tutti uguali)”
3) Ha rafforzato l’idea che non ci siano alternative
4) Ha presentato i nemici come imbattibili
Questo rovesciamento è stato usato preventivamente per piegare il popolo, la sinistra ed i movimenti in Europa, specialmente del sud. Il governo di Tsipras non era più fonte di preoccupazione per l’establishment internazionale e locale. Al contrario, sarà un esempio contro la sinistra ed i movimenti sociali. Il TINA è diventata la loro bandiera.
Ci sono due lezioni fondamentali da apprendere dal caso della Grecia. La prima è che lo slogan dell’UE e dell’Euro è: “Le regole sono le regole”. E queste regole sono il tallone di ferro delle elite e delle banche. Chiunque provasse a cambiarle fallirebbe. Queste regole non sono modificabili e si inaspriranno se l’ESM dovesse diventare il FMI europeo e se le politiche economiche nazionali verranno stabilite a Berlino o Bruxelles, come suggerito recentemente in un documento non ufficiale.
La seconda è che il popolo non può applicare un piano ed un programma di rottura e collisione contro la UE semplicemente esprimendosi mediante referendum, manifestazioni ed elezioni senza una guida ed una leadership, senza un soggetto politico appropriato e preparato ed un programma corrispondente. E’ possibile che i popoli facciano delle rivoluzioni ma hanno bisogno di un soggetto politico che li prepari.
Lo spudorato accordo, il terzo Memorandum di Tsipras, è stato approvato con iter accelerato il 15 Agosto 2015 da quasi tutti i partiti presenti in parlamento. 32 membri di Syriza e del governo hanno votato contro, inclusi tre ministri ed il presidente del parlamento — la maggioranza dei quali ha dato vita a Laiki Enotita, Unità Popolare.
Le elezioni anticipate dell’autunno 2015, hanno avuto luogo meno di un mese dopo, in base ad un piano concordato con i creditori, al fine di non permettere, da un lato, al popolo di sperimentare le severe del Memorandum di Tsipras, dall’altro per impedire ad Unità Popolare di svilupparsi, stabilirsi ed affermarsi tra la masse popolari.
Le nuove misure presenti nel Memorandum di Tsipras, aggravano austerità e recessione. Sono misure che avranno effetto sugli agricoltori, sugli strati medio-bassi, sui lavoratori ed i pensionati. Distruggendo:
1) Il sistema di protezione sociale mediante l’abolizione o il declassamento dei fondi dell’assicurazione sociale, un abbassamento della previdenza sociale e del settore della sanità nel suo complesso.
2) Il sistema pensionistico che prevede il pensionamento a 67 anni ed una pensione minima di €350.
3) L’aumento della tassazione.
4) Esso promuove la svendita delle proprietà pubbliche: privatizzazione di porti, aeroporti, distribuzione dell’elettricità e grandi spazi pubblici. Tsipras si è impegnato ad avanzi primari intorno al 2,5-3,5% fino al 2060, condizioni molto più dure di quelle imposte dal Trattato di Maastricht o di quelle del Patto di stabilità, al fine di trovare le risorse per rimborsare il debito.
Unità Popolare continua la sua battaglia, sul cammino di decisivi processi, con iniziative internazionali di coordinamento.
In questa direzione, il nostro duplice scopo sarà:
a) La ricostruzione della fiducia all’interno della società, l’organizzazione della resistenza, in primo luogo, trasformando lo spirito di disperazione in rabbia e lotta per affrontare le nuove offensive di creditori e la barbarie del governo di Tsipras.
b) La formazione di una corrente politica, locale ed internazionale, che costruisca ed offra un programma ed una generale alternativa all’austerità ed al neoliberismo per sfuggire alla stretta soffocante dell’eurozona, della UE e dei creditori.
Questo programma dovrebbe prevedere la cessazione dei pagamenti/soppressione del debito, l’uscita preparata e strutturata dalla eurozona e la rottura della cornice neoliberale della UE.
Queste sono le coordinate necessarie, poiché oggi l’austerità ed i memorandum sono implementati nel nome del debito e del rimanere a tutti i costi nell’euro, ma anche perché non esiste altra strada per costruire un’alternativa.
Questi obiettivi non esauriscono il contenuto del nostro programma ma costituiscono la cornice di un programma di transizione per un cambiamento radicale.
E’ sempre stato e resta necessario costruire un fronte antieuropeista, ampio, esteso, internazionalista, pan-europeo, un polo che entrerà in rotta di collisione con l’austerità, il neoliberalismo, l’eurozona (il programma-sistema che organizza e scatena questo attacco).
Il nostro programma deve corrispondere non soltanto alla cornice nazionale di ogni paese ma dovrebbe promuovere una direzione anti-imperialista ed anti-capitalista ed un programma di solidarietà e cooperazione che dovrebbe includere anche gli altri paesi del Mediterraneo. E’ nostro compito costruire un polo di cooperazione contro l’Europa a guida tedesca, imposta attraverso le banche ed il loro strumento, la UE, e contro il permanente disordine in Africa del nord e nel sud-est del Mediterraneo imposto dagli aeroplani e carri armati americani e non solo.
I nostri slogan sono:
– Pace e solidarietà tra i popoli
– Sovranità popolare ed indipendenza nazionale
– Un diverso modello economico, crescita per i popoli e non per le banche.
* Traduzione a cura di SOLLEVAZIONE