Con le elezioni che si avvicinano assistiamo ad un evidente paradosso.
Sulla questione delle questioni, quella della gabbia dell’euro e dell’Unione europea, si registra un contestuale avvicinamento delle posizioni di tutte le diverse forze politiche in campo.

Fino ad un anno fa c’erano, diciamo così, due campi apparentemente opposti: quello pro-euro (Partito Democratico, Forza Italia ecc.), e quello no-euro (M5S, Lega salviniana e Fratelli d’Italia).

Fateci caso, è accaduto che entrambi questi schieramenti si sono assestati su una posizione se non uguale, del tutto simile, quella di euro-nì.

In cosa consiste l’euro-nì? Nel sostenere che siccome l’euro così com’è non va bene per l’Italia, occorre riformarlo, ovvero bisogna riformare l’Unione europea. Così, avendo gli euro-fanatici fatto un passo avanti, e gli euro-critici un passo indietro, ecco il miracolo di trovarli tutti nel medesimo luogo politico.

Il mantra viene diversamente declinato — “Ridiscutere i Trattati europei”, “Ripensare i Trattati”, “Riscrivere i trattati” —, la sostanza è la medesima. Si tratta, ovviamente, di una presa per il culo, non fosse che ogni persona che abbia sale in zucca sa che non convincerai mai la Germania ad abbandonare le sue posizioni (monetariste e ordoliberiste), né tantomeno è immaginabile l’unanimità tra tutti i 27 paesi dell’Unione (erano 28 con il Regno Unito), unanimità che proprio i Trattati ritengono indispensabile per modificarli.

Sullo stesso luogo si ritrovano anche le forze minori del fianco sinistro del panorama politico, Liberi e Uguali e Potere al Popolo.

Un esempio? Si legge in uno dei programma elettorali:
«Revisione dei Trattati, prevalenza della nostra Costituzione sulle leggi comunitarie».
Indovinate in quale programma elettorale è scolpita questa frase?
Penserete in quello dei 5 Stelle? di Liberi e Uguali? di Potere al Popolo?

Sbagliato! E’ il programma elettorale del centro-destra di Berlusconi-Salvini-Meloni.

Morale: le elezioni 2018 passeranno, l’euro resterà, e nessuno gli torcerà un capello.