«L’eurocrazia, che non perde occasione per esternare i suoi minacciosi desiderata, presenterà presto il conto e chiederà politiche di bilancio severissime per diminuire il debito pubblico. Ridurre ad ogni costo il debito pubblico, sin dalla prossima Finanziaria, altrimenti chiunque governi farà la fine dell’ultimo governo Berlusconi. Il debito pubblico italiano, questo sarà il fronte della guerra che s’annuncia».

Avrete saputo ciò che ha detto ieri il presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker:
«C’è un inizio di marzo molto importante per l’Ue. C’è il referendum Spd in Germania e le elezioni italiane, e sono più preoccupato per l’esito delle elezioni italiane che per il risultato del referendum dell’Spd… l’Unione si deve preparare allo scenario peggiore, cioè un Governo non operativo in Italia».

Se è bastata questa frasetta per far tremare la borsa di Milano e causare una piccola impennata dello spread, cosa potrà succedere quando saranno resi noti i risultati elettorali? E’ sempre Juncker a dircelo:
«E’ possibile una forte reazione dei mercati nella seconda metà di marzo, noi ci prepariamo a questo scenario».

Ecco spiegata l’ingerenza sfrontata di Juncker. Abbiamo a che fare, al contempo, con una minaccia lanciata agli italiani che andranno al voto — pensateci bene prima di mettere la crocetta che se vi sbagliate ve ne faremo pentire —, e con un ricatto verso le forze politiche, anzitutto verso i loro capibastone — che sappiano che sono sotto tiro, che non si mettano strane idee in testa, tipo deragliare dal percorso di rientro dal debito e delle “riforme”, come prevede il Fiscal compact.

Pesce-lesso-Gentiloni (alias moviola) ha subito precisato: «Tranquillizzerò Juncker. Gli italiani vogliono continuità… i governi tra l’altro sono tutti operativi, i governi governano». Ospite ieri a “Porta a Porta” ha aggiunto: «Non sono d’accordo che queste elezioni saranno un salto nel buio certo sarà importante che forze più affidabili, e dal mio punto vista innanzitutto il centrosinistra, abbiano un ruolo fondamentale per non buttare via i risultati raggiunti».

Sorge il sospetto (era nell’agenda che Gentiloni e Juncker si incontrassero proprio oggi a Bruxelles) che quello tra i due sia un gioco delle parti. Se ci pensate, infatti, la sortita di Juncker è un peloso endorsement verso il Partito democratico, verso Gentiloni in particolare, considerati a Bruxelles i più affidabili scudieri dell’oligarchia eurista.

Ma sì, certo che è così, per questo tra tutte le sorprese che potranno uscire dalle urne, quella peggiore per l’eurocrazia sarebbe una débâcle del Pd. Infatti è vero che solo una tenuta del Pd renderà possibile un governo (del Presidente, di larghe intese, di scopo) che possa reggersi in piedi ed evitare il ritorno alle urne ed assicurare che Roma rispetti i diktat europei.

Dice: ma come, in Germania sono passati cinque mesi dalle elezioni e ancora non riescono a mettere su un governo e ancor prima del voto si fa tutto sto casino? Già ma l’Italia non è la Germania, era e resta l’anello debole, ma quello decisivo della fragile catena europea. Se salta questo anello salta tutta la baracca. Detto questo Piemme, il 12 febbraio scorso indicava, assieme alla posta in palio, il motivo con cui, dopo una tregua durata quattro anni, l’eurocrazia scatenerà la prossima offensiva contro il popolo italiano:
«L’eurocrazia, che non perde occasione per esternare i suoi minacciosi desiderata, presenterà presto il conto e chiederà politiche di bilancio severissime per diminuire il debito pubblico. Ridurre ad ogni costo il debito pubblico, sin dalla prossima Finanziaria, altrimenti chiunque governi farà la fine dell’ultimo governo Berlusconi. Il debito pubblico italiano, questo sarà il fronte della guerra che s’annuncia. Che nessuno che corra alle elezioni ve lo dica, che nessuno nemmeno alluda al rischio di un nuovo golpe col rischio che l’Italia si ritrovi precipitata in un regime di protettorato carolingio, rafforza il carattere farsesco delle prossime elezioni.
Un anno e mezzo fa, in un articolo dal titolo DOPO RENZI LA TROIKA? La resa dei conti si avvicina, scrivevo a futura memoria:
«Ci sono solo due possibilità: o gli italiani, già apparentemente assuefatti e supini, si faranno impaurire e accetteranno la forma estrema di asservimento e sudditanza, oppure si solleveranno. Non ci sono vie di mezzo: o la resa o la rivolta sociale, o subire un regime di protettorato coloniale o una rivoluzione democratica». Il nemico bussa alle porte dell’Italia. Chi difenderà il Paese nella guerra del debito? Chi se non il popolo? Un fatto è certo, le élite neoliberiste nostrane staranno dall’altra parte della barricata
».

da sollevAzione