Paradossi. Paradossi interessanti. A lorsignori la manovra prima versione proprio non piaceva: conti a loro avviso disastrati, scontro con l’Europa, procedura d’infrazione, spread, spread, spread a volontà. Ma non gli piace neppure la seconda, di versioni. Eppure lo scontro con l’Europa è rinviato, la procedura d’infrazione non ci sarà, sui conti c’è il compromesso e lo spread si è calmato.
Dovrebbero esser felici, e invece no. Ora, neppure noi siam contenti, ma perlomeno spieghiamo il perché. E lo facciamo in coerenza con la nostra visione sull’Unione europea (da cui liberarsi) e sugli interessi del popolo lavoratore (da rimettere al centro della scena). Lorsignori invece strepitano. Più precisamente, continuano a strepitare, esattamente come fanno da sette mesi.
Formalmente Pd e Forza Italia hanno ragione a denunciare l’umiliazione del parlamento. Sostanzialmente hanno però torto marcio. Chi è infatti il primo colpevole di quanto accaduto, se non la canea reazionaria che hanno scatenato insieme ai loro pari di ogni ordine e grado?
Vogliamo far l’elenco? Confindustria, potentati economici all’unisono, media sistemici h24, partiti di opposizione e sindacati di regime, senza dimenticarci alcuni battitori “liberi” alla Boeri, alla Visco, alla Cottarelli. Tutti sotto le ali quirinalizie a giocare per i nemici del Paese, annunciando il peggiore dei disastri se si fosse disobbedito a Bruxelles. Ora che con Bruxelles c’è l’accordo la musica non cambia. «Questa manovra è una follia. Ci farà sbattere», dice ad esempio il Calenda, usando le stesse parole adoperate tre mesi fa.
Tutto ciò sarebbe comprensibile ove si dicesse che la manovra non è cambiata, quantomeno non a sufficienza, riconoscendo che in qualche modo Reddito di cittadinanza e “Quota 100” restano. Ma essi dicono l’esatto contrario. Si mettono addirittura a fare i “sovranisti”, affermando che la Legge di Bilancio è stata scritta da Bruxelles…
Abbiamo dunque almeno tre paradossi.
Il primo paradosso è che i massimi lacchè dell’oligarchia eurista, quelli del “ce lo chiede l’Europa”, ammettono (sia pure a fini polemici ad uso interno) che un problema con Bruxelles esiste. Ed è un problema – udite, udite! – di sovranità. Ma come, non era questo un termine ed un concetto bandito, impronunciabile, comunque disdicevole, roba da barbare bocche populiste?
Il secondo paradosso è che essi non ci dicono se il governo Conte ha ceduto troppo o troppo poco. Se fosse troppo allora darebbero ragione a noi, che questa trattativa non l’abbiam mai vista bene, con ciò ammettendo che la versione numero uno della manovra era migliore, rimangiandosi in questo modo tre mesi di gazzarra. Se fosse troppo poco dovrebbero allora chiedere più sacrifici, più tasse e più tagli, con ciò ingraziandosi un natalizio calcio nel sedere anche da una parte di quella minoranza che stoicamente continua a votarli.
Il terzo paradosso è che se giudicano disastroso il compromesso con la Commissione, essi danno sì un giudizio negativo sull’italico governo, ma pure sui sempre (a lor giudizio) commendevoli killers che quella Cupola eurista compongono. Ai quali non si dedica invece mezzo grammo di critica. Eppure la tregua – con quella “folle manovra che ci farà sbattere“, per usare la calendiana prosa – è con loro che è stata sottoscritta.
Come si vede, stando alla logica, tante cose non tornano. Ma non siamo formalisti e sappiamo bene che invece tutto torna. Esattamente come quelle europee, le èlite nostrane sono ancora forti, ma ciò non sminuisce affatto il loro stato confusionale. Esse pensano che tutto faccia brodo pur di combattere i barbari populisti, che sanno di non aver ancora normalizzato. E, disponendo dei mezzi che hanno, cercano allora di imbrogliare le carte. Un tempo gli sarebbe stato più che sufficiente per prevalere, oggi la partita è ben più aperta: lorsignori lo intuiscono, ed è per questo che perdono facilmente la testa.