Tutti, ma proprio tutti, contro il “decretone” legislativo con cui il governo giallo-verde avvia l’applicazione del cosiddetto “reddito di cittadinanza” e di “quota cento” sulle pensioni. Contro tutte le opposizioni parlamentari — con la Meloni che la spara grossa annunciando di raccogliere le firme per abolire la misura tanto voluta dai Cinque Stelle. Contro la Confindustria e la CGIL. Contro tutto il circo mediatico. Contro l’estrema sinistra. Contro i “sovranisti”. Casa Pound e fascisteria varia non pervenuti…

Un vero e proprio mucchio selvaggio che fa gongolare l’élite: tutto fa brodo per sbarazzarsi del “governo populista” per riconquistare Palazzo Chigi mettendo al loro posto fantocci collaudati, magari proprio Mario Draghi.

Noi no.

Non ci sfuggono di certo gli enormi limiti delle due misure simbolo dei “populisti”. Dovessimo fare l’elenco delle loro evidenti criticità supereremmo forse l’armata dei detrattori. Tuttavia, al netto di questi enormi limiti, queste due misure vanno nel senso di invertire le politiche austeritarie che vengono avanti da quasi trent’anni in nome del dogma liberista del pareggio di bilancio. Per la prima volta un governo tenta di applicare due misure che vanno nel senso di redistribuire la ricchezza sociale dall’alto verso il basso, ovvero andando incontro alle istanze di milioni di italiani vittime di una sistematica macelleria sociale.

Questa è la sostanza che non è solo simbolica perché incide infatti sul corpo vivo dei dimenticati, di chi la crisi economica ed i diktat dell’Unione europea hanno spinto sempre più in basso nella scala sociale.

Già l’Unione europea…

Tutti danno addosso al governo, ma pochi, anzi nessuno dice la cosa più importante ed oramai evidente ai più: che nell’Unione europea non sono possibili né giustizia sociale né dignità, né benessere per il popolo lavoratore. Detta in punto di dottrina: nell’Unione europea non è possibile per nessuno una politica economica keynesiana. Nella Ue non c’è spazio per la sovranità statuale, tanto più per paesi sotto ricatto debitorio come il nostro.

Da questo assunto alcuni ne ricavano una conclusione, come dire, disfattista: “che muoia Sansone con tutti i filistei!”. Detto altrimenti: che crepino la Ue e con essa il governo che ha accettato il compromesso.

Dietro a questo disfattismo impotente e puerile c’è l’idea che ormai non ci sia più niente da fare, che l’Italia sia condannata come nazione e come stato.

Invece…

Invece la partita della sovranità popolare è solo all’inizio, è tutta aperta. Lo scontro decisivo con il blocco dominante anti-nazionale e liberista lo abbiamo davanti.
Primo, non è ancora detto che i populisti tradiranno l’enorme spinta al cambiamento che li ha portati al governo. Secondo: nel caso crollino sotto il peso delle loro enormi responsabilità quella spinta potrebbe produrre sì un paralizzante disincanto, ma potrebbe suscitare una rivolta generalizzata in stile Gilet Gialli.

C’è ancora tempo, prepariamoci.