E’ di ieri la notizia che in Grecia gli ospedali hanno cessato di curare i malati di tumore perché non dispongono più, a causa dei tagli alla sanità imposti dalla Ue (e applicati dal governo di Tsipras), dei farmaci chemioterapici.
Non finisce dunque, contrariamente a quanto certi media affermano, la tragedia che subisce da 9 anni il popolo greco, essa anzi continua crudele.
Ce ne darà testimonianza la delegazione greca che sarà presente a Roma alla manifestazione del 12 ottobre, manifestazione che dunque esprimerà la sua incondizionata solidarietà al popolo greco.
Alla luce di questa ultima sconvolgente notizia risalta l’ intervista di Draghi al Financial Times l’altro ieri.
Importante intervista per diverse ragioni ma noi ne segnaliamo cinque.
(1) Egli ribadisce (l’aveva infatti detto in diverse occasioni) che l’eurozona era davvero sull’orlo del collasso nel biennio 2010-11, (cosiddetta “crisi dei debiti sovrani”) culminato con il cataclisma della Grecia, che avrebbe trascinato nel vortice Italia, Spagna e Portogallo. Qui ovviamente si mette la medaglia per aver evitato questo collasso con la politica monetaria “accomodante”.
(2) A conferma della frattura nei piani alti dell’Unione del panico che serpeggiava, Draghi ricorda poi che c’era chi era determinato a buttar fuori la Grecia dalla zona euro. Capifila della fronda i falchi ordoliberisti tedeschi, in testa il presidente della BundesBank Weidmann e l’ex-ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble (“let Greece to go”), seguiti a ruota da olandesi, finlandesi ed altri coriacei satelliti di Berlino. Draghi confessa di aver detto ai falchi: «I said, ‘look, if you want to push Greece out of the euro, then you do it, don’t use the ECB to do it’». L’ha avuta vinta per un soffio…
(3) Draghi si mette quindi una seconda medaglia, affermando che malgrado il “prezzo terribile” pagato dalla Grecia, il Paese è uscito dal tunnel grazie alla riforme strutturali adottate, ciò che è stato indispensabile per salvare l’eurozona. Uscito dal tunnel? Sarà vero per gli squali della finanza speculativa e i nuovi feudatari del regime bancocratico che ci han guadagnato, non certo per i cittadini.
(4) Ecco dunque che Draghi canta vittoria, sostenendo che “i sovranisti, e i nemici dell’euro sono stati sconfitti. Hanno perso la battaglia per l’euro in Grecia e hanno perso le recenti elezioni per il parlamento europeo”.
(5) Questa esultanza collide tuttavia con l’ultimo ammonimento di Draghi, quello per cui se i paesi dell’eurozona non di decidono al grande passo dell’Unione fiscale e di politiche di bilancio comuni, il destino della moneta unica resta appeso ad un filo. Draghi parla apertamente di “persistente fragilità dell’eurozona”, una fragilità che viene messa a dura prova dalla crisi dei dazi animata da Trump, e che potrebbe rivelarsi fatale in caso di nuova recessione globale.
Draghi se ne va (dalla Bce) ma i problemi genetici della moneta unica restano…