La sinistra sinistrata ci riprova. Stavolta con un’assemblea più sconclusionata del solito. Finito anche il tempo dei rituali cortei d’inizio autunno, è ora quello della massima astrattezza condensata in un manifesto di fine stagione. «Unire le lotte. Contro un governo padronale. Contro le destre reazionarie. Assemblea nazionale unitaria delle sinistre di opposizione». Questo il testo di convocazione, firmato da Partito comunista dei lavoratori, Partito comunista italiano e Sinistra anticapitalista, con l’adesione di Potere al popolo e la presenza di Rifondazione comunista.

Lì per lì abbiamo pensato ad uno scherzo. Venendo da una generazione avvezza alla concreta analisi della realtà, questo manifesto ci è apparso surreale. Quasi un reperto degli anni Settanta del secolo scorso uscito da qualche soffitta della storia. Ma sfortunatamente così non è.

“Unire le lotte”? Giusto come sempre, ma quali lotte di grazia! Come si fa a non vedere lo stato di prostrazione diffuso tra i lavoratori delle principali vertenze in atto, dall’Ilva all’Alitalia? Uno scoraggiamento che non può stupire in assenza di una visione strategica più chiara, base essenziale da cui partire per indicare tanto gli obiettivi immediati, quanto un’alternativa di governo che per esser tale non potrà che incentrarsi sull’Italexit.

Definire come “padronale” l’attuale governo è giusto, ma del tutto insufficiente. Dopo la contraddittoria esperienza della maggioranza gialloverde, il Conte bis è innanzitutto il governo della restaurazione, quello dell’esibito signorsì ai padroni di Bruxelles. Possibile non vedere la centralità di questo aspetto? Evidentemente sì, visto che nel manifesto di tutto ciò non v’è traccia.

E non c’è parola alcuna neppure sul tema di maggiore attualità, quella riforma del Mes con la quale l’asse Carolingio che governa l’Ue vuol ingabbiare ancor di più il nostro Paese. Ma è mai possibile che comunisti di diverse tendenze e tradizioni riescano a ritrovarsi uniti solo per non dire nulla sui problemi decisivi dell’oggi?

C’è davvero da rimanere sconcertati. Poi ci si lamenta se la destra è forte, come se per batterla bastasse denunciarne la natura reazionaria.

Insomma, davanti alle sfide ed alle potenzialità del presente la sinistra sinistrata (che tale non è per mero accidente della storia) sa solo rispondere con un tardo-movimentismo in assenza di movimento. Peggio, con un totale vuoto pneumatico in quanto ad analisi, idee, programmi e proposte.

Intendiamoci, vista la deriva di questi anni nulla di stupefacente. Ma continua a sorprendere la pervicacia con la quale si persegue il percorso della propria autodistruzione, questa testardaggine a non voler imparare nulla dall’esperienza, questa riproposizione di schemi un po’ troppo schematici, questo inarrestabile allontanarsi dal sentire delle classi popolari.

In conclusione, ed in tutta franchezza, più che ad un tentativo di rilancio, l’assemblea dei sinistrati ci pare soltanto il mesto de profundis di chi rifiuta il primo atto che un tempo si chiedeva ai comunisti: quell’analisi concreta della situazione concreta di cui ormai oggi neppure i Ris saprebbero trovar traccia in certi manifesti. E de profundis sia.