Al peggio non c’è limite. Al ridicolo neppure. Tuttavia, il passaggio dal movimento operaio a quello delle “sardine” qualche problema lo dovrebbe porre. E invece no. Mentre la Cgil organizza autobus per portare i pensionati in queste gite ittiche euro-plaudenti, anche nella sinistra sinistrata ci si dà da fare per non essere da meno.

Vediamo quel che scrivono:
«Condividiamo il sentimento di fondo che anima tante piazze di giovani. Partecipiamo a queste piazze. Sentiamo anche noi la stessa nausea profonda per le culture xenofobe, misogine, reazionarie dei Salvini e delle Meloni, la loro vocazione autoritaria, il loro uso cinico dei sentimenti religiosi con tanto di esibizione di croci e di madonne, il loro disprezzo per le donne e per i soggetti LGBTQIA+ (presto non gli basterà più l’alfabeto! – ndr), il loro militarismo tricolore in abito di polizia».

Le piazze di cui si parla in questo volantino – e alle quali orgogliosamente si partecipa – sono ovviamente quelle delle “sardine”. Ma chi è l’autore del testo di cui sopra? Chi è che ha tanta voglia di entrare in un bel banco di sardine per finire in pasto ai pescecani che se ne nutrono? Bene, questo aspirante suicida altro non è che il Partito comunista dei lavoratori (Pcl)! Sta forse scritto da qualche parte che per battersi contro la destra reazionaria si debba per forza di cose accompagnarsi a questi piddini di complemento, che per il loro perbenismo e la loro ipocrisia sono talvolta perfino peggio dell’originale? A leggere i sinistrati, parrebbe proprio di sì.

Il caso più interessante è però quello di Sinistra Anticapitalista. Con un articolo firmato da Francesco Locantore e Franco Turigliatto, qui si toccano vette degne di qualche commento.

Senza neppure sentirsi sfiorati dal minimo senso del ridicolo, i due iniziano parlando di: «grandi manifestazioni di piazza delle sardine». Un entusiasmo motivato dal fatto che: «Oggi il sentimento democratico e antirazzista, per fortuna ancora ben presente, trova una nuova espressione, più ampia e di massa, nelle manifestazioni delle sardine». I due, essendo tipi riflessivi, aggiungono poi che: «Come tutte le mobilitazioni e i movimenti di massa, anche quello delle sardine presenta numerose sfaccettature sociali e politiche, limiti e contraddizioni, ma anche potenzialità che le forze anticapitaliste devono sapere leggere per svolgere un ruolo positivo».

Potenzialità ragazzi, potenzialità. E pure anticapitaliste, mica balle. Ma che razza di somari saran quelli (come il sottoscritto) che in quelle piazze vedono solo conformismo, spirito di conservazione, distacco dai veri problemi del popolo, disprezzo per chi chiede protezione: in una parola, elitarismo diffuso a sostegno di quel partito degli ottimati tanto amico di Bruxelles?

Ad un certo punto dello scritto anche i due autori sembrano volersi porre qualche interrogativo. Leggiamo ad esempio:
«Certo colpisce il fatto che, in primis i suoi animatori (delle sardine, ndr), non colgano la dimensione della ingiustizia sociale presente nella società». No, ragazzi, non fate così, è solo un’impressione, vedrete che diventeranno degli anticapitalisti duri e puri. E’ solo questione di volantinare un po’.
«Sul piano politico istituzionale è evidente che ci sia un interesse elettorale da parte del Partito Democratico e delle forze politiche del governo». Ma no, mica si può sempre pensar male!
«Non è un caso che le sardine siano nate in Emilia Romagna e che alcuni dei promotori abbiamo dato indicazione di voto per le liste che sostengono Bonaccini». Ah, non è un caso! Grazie per averli sgamati, che ci stavamo cascando!

Ebbene, dopo queste sensazionali scoperte dell’acqua calda, qual è la conclusione di Turigliatto e Locantore? Udite, udite (e, se ci riuscite, non ridete):
«La sinistra di classe che si muove nell’ambito dell’anticapitalismo, deve avanzare proposte e muoversi congiuntamente, tenendo insieme battaglia sociale e battaglia democratica e quindi trovare le strade per entrare in sintonia con i sentimenti democratici di massa che animano le mobilitazioni delle sardine».
Dunque: «I militanti e le militanti di Sinistra Anticapitalista sono nelle piazze delle sardine in questi giorni, non rinunciando a portare i propri contenuti». Bravi, non rinunciate, che prima o poi li convincerete tutti…

A questo punto, prima di concludere, devo scusarmi per l’ironia. Che in effetti qui, più che ridere, ci sarebbe da piangere… Ad ogni modo non siamo arrivati sin qui solo per farci qualche risata.

Tornando seri, cosa ci insegna allora questa infatuazione per dei pesci destinati a finire in scatola? Loro, i pesci, di quella brutta fine sono del tutto incolpevoli; ma chi li vuole imitare non vedendone la funzione auto-assegnatasi, quella per cui stanno nelle piazze, quella fine se la meritano.


Tre cose in conclusione

Ma cosa c’è, al fondo, nell’atteggiamento di questa sinistra “sardinata”?

C’è, in primo luogo, un penoso tardo-movimentismo che porta a scambiare lucciole per lanterne. C’è l’idea che tutto ciò che si muove sia positivo a prescindere. C’è il non (voler) vedere che la società è spaccata, che non c’è solo una maggioritaria (per quanto ancora confusa) spinta al cambiamento. C’è anche, e non potrebbe essere diversamente, una controspinta alla conservazione degli strati sociali che meglio reggono la crisi e gli effetti della globalizzazione. Ma questo conservatorismo non è quello delle croci e delle madonne, quanto piuttosto quello della “modernità”, del cosmopolitismo giovanilista, del viva l’Europa, della meritocrazia e del politicamente corretto. In breve, di tutto ciò che piace, anima e contraddistingue le cosiddette “sardine”.

Ma la sinistra sinistrata sta in quelle piazze anche per un secondo motivo. Perché vede il Pd solo come un partito tra gli altri. Da qui le lamentazioni di Turigliatto e Locantore che abbiamo citato, sempre speranzosi però di poter lucrare qualcosa dalla crisi di quel partito. Il problema è che il Pd non è banalmente un partito. E’ qualcosa di meno – si pensi alla patetica figura del suo segretario politico -, ma è soprattutto qualcosa di più: il vero perno di un sistema che fa della sua sudditanza all’oligarchia eurista l’alfa e l’omega della propria ragion d’essere. Prodi, uno dei padri dell’euro, non è iscritto al Pd ma è Pd. Monti non è del Pd, ma è Pd. Mattarella non è iscritto al Pd, ma è Pd. E si potrebbe a lungo continuare con una lunga sfilza di nomi, oggi tutti – guarda caso – spinti sostenitori delle sardine. E questo per il semplice motivo che le sardine non sono semplicemente ascrivibili al Pd come partito, ma sono senza dubbio Pd nel senso del super-partito sistemico della conservazione eurista. Tra l’altro, se il Pd andasse in piazza con le proprie bandiere riceverebbe solo sputi negli occhi, se ci va invece sotto mentite spoglie riesce ancora a mettere insieme una forza certo non trascurabile. Che la sinistra “sardinata” abbia deciso di contribuire a questa operazione è un fatto che si commenta da solo.

C’è però un terzo elemento che spiega l’incredibile cantonata di costoro. Ed è che la sinistra sinistrata vede il pericolo del fascismo, che oggi si vorrebbe rappresentato da Salvini, mentre nega quello ben più concreto della dittatura eurocratica. Purtroppo, la “storia è maestra ma non ha scolari“. Come non ricordare le piazze antiberlusconiane che portarono ad applaudire Monti nel 2011? Allora il pericolo per la democrazia sembrava il Buffone d’Arcore, peccato che si aprì così la strada al governo più antipopolare della storia repubblicana. Sono trascorsi appena otto anni, ed eccoci adesso al passaggio dall’antiberlusconismo – oggi talmente superato che perfino la Pascale annuncia che andrà in piazza con le sardine – all’antisalvinismo, ultima frontiera di chi non vuol vedere di quale morte stia morendo il Paese.

Del resto, che la sinistra sinistrata – ed oggi ampiamente “sardinata” – non voglia vedere qual è il vero nemico, ci viene confermato dall’assemblea della cosiddetta “sinistra di opposizione” che si è tenuta sabato scorso a Roma. Da quell’incontro è uscita la solita lista di obiettivi ambiziosi e altisonanti – dall’uscita dalla Nato al ritiro delle truppe all’estero, dalle nazionalizzazioni alla riduzione dell’orario di lavoro, dalla cancellazione dei decreti sicurezza all’abolizione della Fornero – ma non volendo vedere come tutto ciò sia semplicemente impossibile senza una lotta senza quartiere contro l’Unione europea, la sua moneta, le sue regole ammazza-Stati come quelle del Mes.

Siamo cioè al massimo dell’astrattezza. Nel Paese c’è oggi una nuova consapevolezza su ciò che rappresenta l’Unione europea e costoro guardano altrove. Si cita il Mes come una cosa secondaria, contro la quale forse ci si mobiliterà ma non si sa come, mentre è oggi il cuore di ogni battaglia di opposizione dotata di senso. Si agitano grandi obiettivi senza vedere la prigione in cui si trova l’Italia, fingendo di ignorare che senza una liberazione da questa gabbia non c’è alcun risultato sociale che possa essere credibilmente perseguito e raggiunto.

Non solo, come se ciò non bastasse, si amoreggia pure con le sardine, cioè con quella parte della società che vuol conservare un esistente nel quale evidentemente non si trova poi così male. Il bello è che poi costoro, incapaci di comprendere il perché nessuno più li segua (tantomeno nelle classi popolari), passano buona parte del loro tempo a lamentarsi del “destino cinico e baro“, non avvedendosi neppure di come la loro stessa deriva contribuisca nel piccolo a portar acqua al mulino salviniano.

«Chi è causa del suo mal pianga se stesso», così dice in generale la saggezza popolare. Ma di fronte alla sinistra “sardinata”, questo mesto spettacolo di fine anno di una sinistra sinistrata sempre più allo sbando, anche questo detto appare insufficiente. Del resto, si sa, la realtà supera talvolta l’immaginazione. Peccato avvenga spesso verso il peggio.