Che guerra è questa?

Scriviamo mentre le agenzie battono la notizia dell’attacco dell’esercito russo all’Ucraina. Le lacrime di coccodrillo dei leader del blocco NATO, il baccano dei media occidentali, non spostano di una virgola le vere cause del conflitto e la soluzione per disinnescarlo — ben indicate nell’essenziale nel comunicato di Liberiamo l’Italia

Che la situazione volgesse al peggio era chiaro da molto tempo, come minimo dalla rivoluzione colorata di Euromaidan, per finire con le gravissime dichiarazioni di due giorni fa di Zelensky che l’Ucraina sarebbe entrata nella NATO.

Il 13 febbraio scorso si è svolto un seminario teorico-politico della direzione nazionale di Liberiamo l’Italia. Uno dei due temi in agenda aveva il titolo “la situazione internazionalei rischi di guerra e la posizione di Lit” Pubblichiamo di seguito la parte conclusiva della relazione introduttiva.

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«Con il crollo dell’Unione Sovietica l’élite americana (sia neocon che clintoniana) scatenò un’offensiva a tutto campo per trasformare l’indiscussa preminenza degli U.S.A. nei diversi campi — economico, finanziario, militare, scientifico, culturale — in supremazia geopolitica assoluta. L’offensiva si risolse in un fiasco. Invece del nuovo ordine monopolare sorse un disordinato e instabile multilateralismo. [Liberiamo l’ItaliaTesi sul Cybercapitalismo] 

(…)

  1. Se in una prima fase la svolta globalista e liberoscambista assicurò all’imperialismo nordamericano una momentanea supremazia mondiale, ben presto, anche a causa della crisi del collasso finanziario del 2007-2009 e nella forma di una vera e propria nemesi storica, si è capovolta nel suo contrario. Tre sono i fattori che attestano il tramonto della globalizzazione a guida americana: (1) malgrado l’avanzata verso Est della NATO e della UE, è fallito l’obiettivo di colonizzare la Russia; (2) è fallito l’obiettivo di ristabilire l’indiscussa supremazia in Medio Oriente; (3) proprio sfruttando il vento della globalizzazione neoliberista la Cina e diventata una grandissima potenza economica e militare che ambisce a sfidare gli Stati Uniti come prima superpotenza mondiale.
  2. Simili, giganteschi mutamenti, non potevano non riverberarsi in modo devastante all’interno degli Stati Uniti. Ecco quindi la grande frattura prodottasi con l’ascesa al potere di Donald Trump e la sua successiva defenestrazione. Alle prese col proprio declino, davanti al rischio di un terzo catastrofico conflitto su larga scala, l’élite dominante si è spaccata in due opposte frazioni: quella trumpiana la quale, pur sempre immaginando di conservare agli USA la propria supremazia, vede nella Cina il nemico principale da battere — se necessario anche stipulando un accordo strategico con la Russia putiniana —, e quella per ora vincente che vede invece nella Russia il pericolo maggiore, quindi disposta ad un accordo tattico di non belligeranza con la Cina.
  3. Il “disordinato e instabile multilateralismo”, segnato dalla ripresa delle tensioni e della conflittualità tra grandi potenze declinanti ed emergenti, potrebbe sfociare in un terzo catastrofico conflitto su larga scala. La principale causa di questa tendenza è il rifiuto degli Stati Uniti di essere spodestati dalla posizione di prima superpotenza. Quale che sia infatti la frazione che prenderà il sopravvento negli Stati Uniti, nessuna delle due accetterà passivamente di lasciare ad altri la supremazia mondiale. Il posizionamento della Russia potrebbe decidere chi sarà il vincitore. Per il momento Mosca e Pechino sembrano essere saldamente alleati, ciò che rappresenta una potente diga alle ambizioni nordamericane di riconquista della loro supremazia mondiale.
  4. Tre sono i principali teatri di scontro tra le potenze: quello mediorientale, l’indo-pacifico e l’europeo. In tutti e tre i teatri gli Stati Uniti sono presenti direttamente con le loro forze militari strategiche d’attacco, alimentano le controversie tra potenze regionali (divide et impera), e sono alla testa di alleanze con stati vassalli. Se in Medio Oriente c’è uno stato di belligeranza permanente nella forma di guerre per procura (proxy war), sia nell’indo-pacifico che in Europa i conflitti latenti potrebbero diventare dispiegati e frontali. In un sistema-mondo a vasi comunicanti uno scontro diretto tra grandi potenze in uno di questi teatri potrebbe coinvolgere gli altri due, in questo caso e solo in questo avremmo un terzo catastrofico conflitto su larga scala.
  5. Il Medio Oriente è la scacchiera dove nell’ultimo decennio si sono svolti importanti prove generali della contesa tra Stati Uniti e Russia. Le insormontabili divisioni del mondo islamico, con i due principali campi ostili, quelli capeggiati dall’Iran e dall’Arabia Saudita (con Israele dalla parte di quest’ultima e la Turchia di Erdogan come terzo incomodo), sono sfociate in una lunga “guerra dei trent’anni”, segnata da offensive e controffensive, da tregue seguite da nuove battaglie. Combattuta anzitutto in Siria, la “fitna”, o mattanza fratricida tra frazioni e potenze regionali islamiche, si è poi estesa allo Yemen e alla Libia. Questo conflitto insanabile è destinato non solo a riconfigurare da cima a fondo l’intera regione medio-orientale, avrà pesanti ripercussioni su tutta l’area mediterranea, coinvolgendo giocoforza anche il nostro Paese. La doppia catena dell’alleanza NATO e dell’appartenenza all’Unione europea, l’avere al potere un’élite di ferventi euro-atlantisti, come hanno dimostrato gli avvenimenti in Libia, impedisce all’Italia di giocare un ruolo indipendente, interdice ogni politica di coesistenza pacifica e di proficua collaborazione con gli stati del Nord Africa e del Medio Oriente, pregiudica l’interesse nazionale e, peggio ancora, potrebbe trascinare il nostro Paese nel vortice di una nuova sciagurata guerra imperialista d’aggressione (vedi Iraq e Afghanistan).
  6. Non è la Cina che provoca gli Stati Uniti schierando micidiali flotte aeronavali davanti alle coste della California ma sono gli Stati Uniti, al contrario, che minacciano la Cina con una potente cintura di accerchiamento strategico fatta di paesi alleati (Giappone, Corea del Sud, Taiwan, Thailandia, Australia e Nuova Zelanda), da una fitta rete di basi aeree e navali (Filippine, Guam, Singapore), e da flotte aeronavali e sottomarini. Si può non credere alle assicurazioni di Pechino che la Cina non ha alcuna finalità imperialistica e aggressiva, di sicuro c’è che una guerra con gli Stati Uniti porrebbe fine alla sua avanzata in ogni campo — per questo la stessa pretesa di riportare all’ovile Taiwan sembra più un modo di tenere sveglio l’ambizioso nazionalismo cinese che un evento altamente probabile, come vorrebbe far credere Washington. D’altro canto per gli Stati Uniti è vero l’esatto contrario, continuando così le cose essi sono condannati a perdere l’egemonia in Asia. Per questo sono proprio gli USA il principale pericolo che minaccia i fragili equilibri in Asia. In questo contesto, considerando le amibizioni indiane, è da escludere che New Delhi si presti ad assecondare gli Stati Uniti partecipando a loro fianco in un eventuale conflitto contro la Cina —vedi le amichevoli relazioni con Mosca.
  7. E’ tuttavia in Europa orientale che oggi più spirano venti di guerra. L’isterica campagna russofoba che dilaga in Occidente, tendente a presentare la Russia come decisa a scatenare il conflitto, serve ad intossicare l’opinione pubblica per intrupparla e schierarla a favore di un attacco alla Russia. La storia, anche recente, insegna infatti che la guerra guerreggiata è sempre preceduta dalla guerra di propaganda. La verità è che il principale fattore di conflitto è la protervia con cui Pentagono e NATO proseguono la loro avanzata ad Est, la loro strategia di accerchiamento strategico della Russia. Non è bastato alla NATO e alla UE aver inglobato nell’alleanza militare i paesi dell’Est Europa che facevano parte del Patto di Varsavia. Hanno anche afferrato i paesi baltici portando le loro truppe a ridosso di San Pietroburgo e, imperterriti, hanno infine scatenato il caos in Ucraina spingendo al potere forze nazionaliste ostili alla Russia in vista dell’ingresso del paese nell’alleanza NATO. E’ quindi la NATO, su istigazione del Pentagono, a seguire una ostile politica di assedio strategico della Russia. Mosca chiede agli USA, alla NATO (e quindi alla UE) assicurazioni che l’Ucraina mai entri a far parte della NATO, che mai ospiterà basi militari offensive, ed infine di ridiscutere gli equilibri di sicurezza europei come sanciti nel 1975 ad Helsinki. Visto quanto accaduto dopo il 1989 — la promessa disattesa che mai i paesi dell’Est Europa sarebbero entrati nella NATO — le richieste russe sono quanto mai legittime. Vale ricordare che un paese minacciato da un letale accerchiamento militare non può stare a guardare inerme ma ha il diritto di difendersi, ove questa difesa può anche implicare la necessità di sferrare attacchi preventivi per impedire al nemico di attuare i suoi piani.
  8. In un contesto contrassegnato da psicosi collettiva da covid 19, dal rafforzamento di dispositivi polizieschi di controllo e repressione, dalla sofferenza economica del popolo lavoratore, da una generale avversione per l’impegno politico e dalla scomparsa di movimenti per la pace e antimperialisti; è illusorio pensare possa sorgere in tempi brevi un forte movimento contro la minaccia di guerra. Cinque cose dovremmo concretamente fare come Liberiamo l’Italia: (1) d’ora in poi, nelle nostre discussioni interne e nella nostra comunicazione politica, si dovrà dare la dovuta importanza ai diversi aspetti concernenti gli affari internazionali e la geopolitica; (2) appunto nella prospettiva del “salto politico”, dovremmo agire affinché il movimento contro il green pass e le politiche liberticide adotti una posizione a difesa della pace e quindi di contrasto ad ogni eventuale adesione italiana alla guerra contro la Russia; (3) proporre a tutte le forze politiche, sindacali e intellettuali disponibili, di unire le forze per costruire un nuovo movimento in difesa della pace; (4) promuovere, ove possibile, anche nella forma di sit-in, azioni di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, anche in vista di vere e proprie manifestazioni di massa; (5) attivare i diversi contatti internazionali che abbiamo magari in vista di una conferenza internazionale per la pace.

(fine)

Fonte: Liberiamo l’Italia