Governo Meloni: tutto come prima

Pubblichiamo di seguito il documento di Liberiamo l’Italia sul governo Meloni.

La Legge di Bilancio varata dal governo Meloni è stata scritta a Roma, ma decisa a Bruxelles. Dall’incontro con la cupola eurista, avvenuto il giorno prima della riunione del Consiglio dei ministri che ha approvato la Nadef, erano arrivati ordini chiari e secchi: dato che la guerra contro la Russia deve continuare, tutte le risorse derivanti dallo scostamento di bilancio autorizzato devono andare sulle bollette, per il resto non ci sono risorse. Dunque, ogni altra misura dovrà autofinanziarsi con nuovi tagli e/o nuove tasse. E così è stato. Altro che difesa dell’interesse nazionale!

Meloni ha obbedito alla lettera al Diktat dell’Ue, portando ad un impatto vicino allo zero ogni altro intervento, riducendo in polvere le stesse promesse elettorali della sua coalizione. Basti pensare alla micragnosa “quota 103”, che consentirà al massimo un pensionamento di 48mila lavoratori, o all’incremento delle pensioni minime arricchite di ben 7 euro: un’offesa alla povera gente che grida vendetta.

Ma c’è di peggio. Tutto l’impianto della Legge di Bilancio è ispirato ad un obiettivo di fondo, quello di tenere bassi i salari. Non solo non c’è nessun intervento teso al recupero del potere d’acquisto falcidiato dall’inflazione, non solo il taglio del cosiddetto “cuneo fiscale” è irrisorio, non solo non ci sono interventi strutturali sull’IVA, ma si attacca frontalmente il Reddito di cittadinanza, mettendo così alla fame centinaia di migliaia di famiglie. E questo mentre 5 milioni e 600mila persone vivono in povertà assoluta, un record storico certificato dall’Istat per il 2021. Un anno in cui le persone in condizione di povertà relativa sono arrivate a 8 milioni e 500mila, un milione in più rispetto al 2020.

Questo schiaffo ai poveri è ancora più grave nel momento in cui si trovano invece i soldi per inviare le armi contro la Russia e per aumentare le spese militari di 13 miliardi all’anno.

Possiamo discutere all’infinito sui limiti del Reddito di cittadinanza così come fu partorito dal governo gialloverde, ma esso rimane l’unico strumento concretamente esistente di contrasto alla povertà nel nostro Paese. Proprio per questo il governo Meloni, andando incontro ai desideri della Confindustria, lo vuole abolire. La ragione è semplice: senza il Reddito, milioni di persone saranno ancora più ricattabili e costretti alla precarietà estrema, al lavoro nero ed a salari da fame.

La questione salariale è infatti centrale. Secondo i dati Ocse, in Italia i salari reali sono più bassi di quelli del 2007 (-4%) ed addirittura di quelli del 1990 (-2,9%). Nello stesso periodo (dal 1990) i salari francesi sono cresciuti del 31,1%, quelli tedeschi del 33,7%. Miracoli della moneta unica! Ed è proprio per la volontà di restare nella gabbia dell’euro che il blocco dominante persegue con forza la svalutazione interna, dunque innanzitutto il taglio dei salari. E’ quello che avviene da anni, è il succo della cosiddetta “Agenda Draghi”, è ciò che sta proseguendo in forma particolarmente odiosa con il governo del centrodestra.

Il giudizio politico deve dunque essere netto. Abbiamo scritto per tempo che il governo Meloni sarebbe stato il “piano B” dei dominanti, e così è stato. La continuità con il governo Draghi è totale sulla politica estera (atlantismo ed europeismo servile, aggressività antirussa, ecc.), come sulla politica economica e sociale. Chi si era illuso sulla possibilità di un qualche cambiamento farà bene a chiarirsi le idee quanto prima.

Su questo siamo fiduciosi. Presto milioni di persone si accorgeranno dell’ennesima beffa. Presto si renderanno conto della natura antipopolare del governo uscito dalle urne del 25 settembre. Presto le stesse misure sulle bollette dell’energia si riveleranno insufficienti (gli stanziamenti della Legge di Bilancio coprono solo fino a marzo 2023!). Presto tutti dovranno fare i conti con nuovi sacrifici (a partire dall’aumento delle accise sui carburanti) chiesti per continuare la guerra contro la Russia.

L’interesse nazionale, inteso anzitutto come interesse del popolo lavoratore del nostro Paese, verrà calpestato ancor più che nel passato, mentre la stessa unità nazionale è già sotto attacco con il rilancio di un “regionalismo differenziato” che (se attuato) ridurrebbe l’Italia in coriandoli.

Ci attendono tempi duri. Una nuova opposizione dovrà sorgere. Non possiamo lasciare quel ruolo a Pd e M5s. La nuova opposizione dovrà essere apertamente anti-sistemica, rivendicando da subito l’uscita dalla guerra, dalla Ue e dalla Nato. La riconquista della sovranità nazionale, popolare e democratica è la premessa per farla finita con il neoliberismo, con il dominio delle oligarchie globaliste e con un sistema di oppressione che ognuno può vedere sempre più chiaramente con i propri occhi.

Abbiamo resistito per quasi tre anni alle misure liberticide basate sulla narrazione pandemica, ora si tratta di resistere al governo della guerra e della miseria per iniziare a costruire una vera alternativa!

Liberiamo l’Italia aderisce, ed invita a partecipare, allo sciopero generale dei sindacati di base del 2 dicembre.

Fonte: Liberiamo l’Italia

(28 novembre 2022)