E chi poteva aspettarselo?

Giusto un mese fa scrivevo un articolo, dopo la conquista di Bakhmut, in cui parlavo anche della figura di Prigozhin. Chi poteva pensare che un mese dopo sarebbe potuto avvenire tutto questo? Che le tensioni ci fossero si sapeva, d’altronde lo sottolineavo pure nel testo citato poco sopra.

Avevo tuttavia sottovalutato lo scenario post battaglia di Bakhmut. Già da tempo Prigozhin aveva fatto annunci parecchio strani e la sua crociata contro la corruzione appariva come il velo di Maya di altre rivendicazioni e sue posizioni dall’impatto più gravoso.

C’è chi sarebbe pronto a dire che tutto ciò doveva succedere, ovvero che era un destino segnato nel momento in cui le maglie di Mosca si fossero strette e il leader della Wagner avesse perso la totale indipendenza che aveva avuto fino ad ora. Oppure perché, come citato in una anche dal Partito Comunista di Zjuganov, non è possibile giocarsi una partita storica di questo tipo ed affidare molto ad un gruppo privato che, sebbene sia legato anche alla persona del presidente, risponde potenzialmente a sue logiche.

Il primo vero grande scontro, lo sappiamo, è avvenuto sulla regolarizzazione dei contratti dei contractors, perdonate la cacofonia, attivi in Ucraina. Prigozhin si rifiutò di sottoscriverlo, minacciando abbandonare Bakhmut, adducendo come sempre la corruzione del ministero della difesa e le necessarie dimissioni di Shoigu e Gerasimov.

Ma in realtà che la Wagner faccia di testa sua è un dato che abbiamo fin dall’estate scorsa. Un esempio erano i movimenti già allora su Bakhmut portati avanti quasi unilateralmente, iniziando quella lentissima avanzata che è finita lo scorso maggio. Ad ottobre, sempre per quanto riguarda la disinformazione, il canale ufficiale della Wagner segnalò delle dimissioni di Shoigu mai avvenute. Tutto questo rientra chiaramente nel classico valzer degli alti comandi russi, un balletto che capita spesso di vedere nella storia della Russia.

Vanno segnalati, poi, gli insensati attacchi a Surovikin, generale russo che ha ottenuto ottima fama in Siria, reo secondo Prigozhin di aver abbandonato Kherson, città che fu abbandonata dopo la constatazione della sua totale indifendibilità e dopo una ritirata ordinata che permise ai russi di salvaguardare uomini e materiali. Non solo, Surovikin fu colui che rialzò le sorti delle truppe russe nel difficilissimo autunno scorso e nel periodo seguente a settembre quando i russi lasciarono disordinatamente i territori a nord est, a Lyman e Kharkiv. Da quel momento in poi i russi fecero oggettivi balzi qualitativi sotto ogni aspetto.

La necessità di unirsi dagli attacchi esterni è ciò che più sta rosicchiando terreno sotto i piedi di Prigozhin che, almeno teoricamente, avrebbe un buon seguito in Russia. C’è la necessità, sentita da tutti, di unirsi soprattutto in vista delle potenziali decisioni del prossimo vertice Nato ed un possibile coinvolgimento polacco nel conflitto.

L’idea che ci possa essere una regia, dopo anche gli ammiccamenti ucraini delle ultime ore, non va affatto esclusa, anzi, ma si deve ancora parlare di tutto ciò in una maniera assolutamente possibilistica. Il colpo che si sta cercando di assestare alla Russia è ambizioso, ma Putin è saldo e popolare fra la gente che, come dicevo nello scorso articolo, ha coscienza diffusa della minaccia storica alla Federazione Russa.

Come si risolverà tutto questo? Che Prigozhin prevalga è piuttosto difficile da credere, quasi tutti gli remano contro e la sua è anche un’azione dettata dal fatto che il cappio che aveva intorno al collo si stringeva ogni giorno di più. L’accordo trovato, quello che riguarda il suo esilio, gli ha permesso di salvare la Wagner dalla completa assimilazione nell’esercito russo. La Russia ha interessi in Africa che Prigozhin non dimentica mai di citare e probabilmente una sua influenza la continuerà a mantenere soprattutto lì. Il suo essere il Robin Hood di Russia, che denuncia eventuali corruzioni e malaffari, non ha spostato fazioni dalla sua parte né pare possa succedere in futuro, visto il suo grave attacco verso le ragioni della guerra bollate come false e frutto di mire personali.

Infine, vale la pena gettare un occhio sulla situazione al fronte; gli Americani, proprio ieri, si lamentavano della conduzione della guerra, segnalando come alcune obiettivi della controffensiva erano per ora ampiamente disattesi. Come avevo previsto nell’ultimo articolo gli attacchi si sono concentrati su due zone, a sud su Zaporizia e, più a nord, vicino a Bakhmut. I russi hanno fatto alcuni avanzamenti sulla zona di Kreminna, teatro nello scoro autunno di aspre battaglie, sia per guadagnare terreno sia per costringere gli ucraini a spostare riserve, truppe e la loro attenzione.

Le linee difensive approntate dai russi nell’oblast di Zaporizia, in realtà mai saggiate fino in fondo, si sono dimostrate più flessibili di quanto si aspettassero gli Ucraini creando un ginepraio di territori contesi, casematte, campi minati e trincee. Ci sono stati attacchi ucraini che, sul lato più propriamente tattico, hanno avuto successo ma i russi hanno saputo infliggere buone perdite alle truppe di Kiev, anche da un punto di vista di immagine, riuscendo a distruggere alcuni carri e mezzi corazzati/cingolati occidentali e tenendo sempre ben lontani i nemici dalle 4 linee difensive meglio approntate a circa 10 km di distanza.

Il rebus è capire come possa impattare ciò che avviene in Russia sul fronte. Per ora gli Ucraini stanno a guardare, gongolando, e i russi ancora la scorsa notte hanno bombardato alcuni obiettivi. L’intelligence britannica ha consigliato di attendere, anche se forse vi è qualcuno che magari sarebbe tentato di provare un attacco e vedere se il caos venutosi a creare possa aiutare le truppe di Kiev anche sul campo. La speranza è che l’esercito russo riesca a riorganizzarsi subito ed a resistere alla controffensiva, grazie anche all’afflusso dei ceceni che sostituiranno i Wagneriti in alcune zone e i 50’000 nuovi mobilitati da Shoigu pochi giorni fa.

(27 giugno 2023)